LA
PRIMA GUERRA MONDIALE
Dopo
un inizio secolo di tensioni e di supremazia economiche tra super potenze, si
formano due grandi blocchi di alleanze tra stati: la Triplice Alleanza
(Austria, Germania e Italia) e la Triplice Intesa (Inghilterra, Francia e
Russia). Il 28 giugno 1914 viene assassinato l’arciduca Francesco Ferdinando,
erede al trono dell’impero austro-ungarico e, di conseguenza, l’Austria-Ungheria
dichiara guerra alla Serbia, corresponsabile dell’atto terroristico. Questo non
è altro che la goccia che fa traboccare il vaso ad una guerra che già si
sentiva nell’aria e che gli stati protagonisti si stavano già preparando a
combattere. A questo punto inizia il gioco di alleanze, la Germania (schierata
con l’Austria) dichiara guerra alla Russia che aveva iniziato a mobilitare il
suo esercito. Nel frattempo, sempre la Germania, invade il Lussemburgo
dichiarando guerra alla Francia. L’Inghilterra si schiera con la Francia,
dichiarando guerra alla Germania insieme alla Russia. Nel mentre, fino alla
primavera del 1915, l’Italia rimane neutrale, non vincolata a soccorre
l’Austria e Germania nel caso fossero loro ad attaccare. Le vere ragioni per cui
l’Italia rimane neutrale sono date dal fatto che il governo italiano, non pensa
di riuscire a ottenere Trento e Trieste in uno schieramento con l’Austria e che
l’esercito italiano non fosse pronto, sia a livello di truppe che di materiali.
Nel frattempo, in gran segreto, l’Italia comincia delle trattative con le
nazioni della triplice intesa, che promettono, in caso di entrata in guerra nel
loro schieramento e di vittoria, le terre del Trentino, il Sud Tirolo, la
Dalmazia e l’Istria, formalizzando il tutto nel patto di Londra del 26 aprile
1915. Così, il 23 maggio 1915 il governo italiano presenta la dichiarazione di
guerra all’Austria-Ungheria mobilitando l’esercito guidato da Luigi Cadorna,
capo di stato maggiore. L’esercito italiano comincia ad avanzare verso Gorizia
e Trieste ma trova fin da subito un nemico molto forte, generando perdite
numerose, in entrambi gli schieramenti, senza ottenere grossi risultati.
Conosciuta anche come battaglia degli altipiani, nel 1916 l’Austria decide di
punire l’Italia per il tradimento dando il via alla Strafexpedition, o
spedizione punitiva. Gli austriaci puntano ad avanzare lungo la Valsugana, la
val d’Astico e l’Altopiano di Asiago avviando cruente battaglie e conquistando
molti territori italiani. Seppur l’Austria-Ungheria ottenne un risultato
apparentemente positivo, arrivando in certi punti a pochi passi dalla pianura
padana, essa è costretta ad arretrate per stanziarsi in posizioni sicure per
non subire un contrattacco. Nel frattempo, nel 1917 scoppia la rivoluzione
popolare in Russia, e la Germania ne approfitta per avanzare verso Mosca. La
Russia si ritirerà dalla guerra in marzo 1918, perdendo Finlandia, Polonia,
Ucraina e le provincie baltiche, chiudendo il fronte con la Germania e permettendo
ad essa di spostare truppe su fronti più caldi. Sempre nel 1916, un sottomarino
tedesco affonda un transatlantico degli Stati Uniti d’America decretando la
loro entrata in guerra nel 1917. In Italia, intanto, Cadorna continua a provare
ad avanzare sul fronte dell’Isonzo, in Friuli, ma lo spostamento di truppe
tedesche dal fronte russo da nuova linfa all’esercito austriaco. Gli
Austro-tedeschi, nel frattempo, studiano nei minimi dettagli il loro piano di
contrattacco che porterà alla disfatta di Caporetto. Scelgono la conca di
Plezzo e Tolmino che, Cadorna e Badoglio, erroneamente credono sia
difficilmente superabili viste le alte montagne. Sbalgiano a posizionare
l’artiglieria e il grosso degli uomini in posizione molto avanzata e, colto
l’errore di posizione degli italiani, la fanteria austriaca avanza con
decisione dopo un fitto fuoco d’artiglieria, costringendo l’esercito italiano a
ritirare sulla linea del Piave in maniera disordinata e perdendo molto
materiale e uomini. Cadorna dopo Caporetto viene destituito a favore di Armando
Diaz, che porterà l’Italia ad una vittoria finale.
Nella mappa sopra, rosso e blu indicano il confine italiano prima e dopo
Caporetto.
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DA CAPORETTO ALLA NUOVA LINEA GRAPPA-PIAVE
Verso
la fine del 1917 e dopo alcuni successi italiani sul fronte dell’Isonzo,
Cadorna è convinto che il fronte friulano passerà un inverno tranquillo,
commettendo un errore di sottovalutazione del nemico, appena rafforzato
dell’esercito tedesco. Però, Il 24 ottobre 1917, si scatena l’artiglieria
pesante tedesca, che tenta di distruggere le difese italiane sul fronte
Isontino. Il mattino seguente i bombardamenti cessano e l’armata austroungarica
e tedesca sfondano Plezzo e Tolmino, convergendo a Caporetto. Cadorna ordina
una difesa serrata ad oltranza ma, con dei ritardi degli ordini, da parte sia
del generale, che dai comandi, generano caos tra l’esercito, con alcuni soldati
dati alla fuga. Dopo una continua avanzata del nemico, il 27 ottobre, Cadorna
ordina la ritirata generale, facendo ritirare la IV armata delle Dolomiti per
tentare di creare un nuovo fronte lungo il fiume Tagliamento. La dura
resistenza lungo il Tagliamento sarà fondamentale per permettere alle armate di
ritirare senza essere prese alle spalle, ma il 2 novembre sarà perso anche
questo fronte. Nel frattempo, vengono inviate truppe inglesi e francesi sul
Montello e sul
monte Tomba e, il generale Cadorna, viene destituito l’8
novembre.
La IV armata delle Dolomiti
(che successivamente sarà chiamata l’armata del Grappa) viene incaricata a
difendere il settore del Grappa. Dopo la ritirata dal Cadore, le forze
austro-tedesche entrano Belluno, a nord, e a Feltre, a sud, trovando il monte
Grappa come sbarramento naturale.
Tra il
24 ottobre e il 9 novembre 1917 l’esercito italiano perderà 350mila uomini tra
morti, feriti e prigionieri, 300mila tra sbandati, 3000 pezzi d’artiglieria,
1800 bombarde, 3000 mitragliatrici, 300mila fucili, 1600 autocarri, 22 aeroporti
con 220 velivoli persi su 420. L’esercito italiano si riduce a 700mila unità
con poco più di 3000 pezzi d’artiglieria. Sicuramente Caporetto è frutto di una
forte abilità tedesca nelle montagne del Friuli, concatenata a gravi errori
dell’alto comando italiano, che non ha saputo impartire ordini con prontezza
all’attacco austriaco. Hanno commesso errori gravi anche alcuni generali, come
Pietro Badoglio e il generale Capello che, durante l’attacco nemico, decidono
di mantenere avanzata l’artiglieria pesante e tenere le truppe in un’errata
posizione, nonostante gli ordini impartiti da Cadorna.
Dopo
la ritirata italiana, dietro al fiume Piave, (che diventerà fiume sacro alla
Patria), i ponti che lo attraversano vengono fatti saltare, creando un vero
sbarramento naturale, molto pericoloso da superare. Facendo un salto indietro
nella storia, dopo la lezione impartita dagli austriaci durante la Strafexpedition,
l’alto comando italiano fu costretto a prendere in considerazione sul da farsi,
nel caso il fronte potesse crollare, così, nel 1916, Cadorna fece iniziare dei
lavori sul massiccio del monte Grappa, considerato ultimo baluardo prima di uno
sfondamento nella pianura veneta. Questi lavori di rafforzamento saranno
fondamentali per la difesa italiana negli anni avvenire, anche se la zona più
rafforzata fu quella occidentale, in quanto si pensava che potesse cadere il fronte sugli altipiani e non di certo quello in Friuli. Dopo Caporetto c’è anche un rovescio positivo
della medaglia, e cioè che il fronte italiano si è accorciato moltissimo, dove
gli italiani sono su capisaldi naturali sulla difensiva, mentre gli austriaci
si trovano in campo aperto. Inoltre, il rifornimento, di munizioni e
vettovaglie, su un fronte così piccolo è molto più favorevole e veloce, a
differenza di quello austriaco, ancora non pronto. Infine, dopo la disfatta
vengono arruolati 260mila diciottenni, i famosi “ragazzi del ‘99” che daranno
nuova linfa ed energia all’esercito italiano.
MONTE GRAPPA: LA BATTAGLIA D’ARRESTO
Prima fase
Il 14 novembre 1917 inizia ufficialmente l’avanzata austriaca
in Grappa, che iniziano ad attaccare il monte Tomatico, Puerna e Roncone, da
Seren del Grappa. La prima fase della battaglia d’arresto va dal 14 novembre al
10 dicembre, e sarà quel periodo che gli italiani, in inferiorità di uomini e
mezzi, fermano la forza dirompente dei tedeschi-austroungarici, intenzionati
più che mai a raggiungere la pianura veneta dopo la schiacciante vittoria a
Caporetto. Nonostante alcuni generali austriaci fossero contrari a raggiungere
la pianura veneta attraverso l’impervio monte Grappa, preferendo attaccare
massicciamente le vallate del Piave e del Brenta, riescono comunque ad
avvicinarsi alla cima dopo sanguinosi scontri sul monte Pertica (che rimarrà
austriaca fino alla fine della guerra),
monte Asolone,
col dell’Orso, Solaroli
e monte Tomba, causati anche dalla disorganizzazione iniziale dopo Caporetto.
Qui le truppe austriache riusciranno ad arrivare fino a Ponte San Lorenzo,
punto di loro massima avanzata. Il comandante Rommel, (futuro generale nazista
e protagonista della Seconda guerra mondiale) impegnato nel monte Tomba, scrive
nel suo diario che ormai sono arrivati tardi e che il nemico si è già ben
insidiato sulla difensiva. Ormai, con l’inverno alle porte, l’attacco lampo che
speravano gli austriaci è svanito e le loro truppe si arenarono nel massiccio.
Seconda fase
La seconda fase della battaglia d’arresto va dall’11 al 18
dicembre 1917. Il nemico inizia ad arrancare sui monti e il morale delle truppe
italiane inizia a salire.
Le cime
principali da difendere, dove si verificheranno le battaglie perché non crolli
il fronte, sono Col della Beretta, monte Asolone, cima Grappa,
monte Palon, monte
Tomba e Monfenera.
I primi giorni della
seconda fase, nel settore orientale, gli austriaci tentano di sfondare le linee
del monte Asolone e Col Caprile conquistando il Col della Beretta, mentre nella
parte settentrionale si scontrano sui Solaroli e Col dell’Orso contendendosi i
vari confini. Verso la fine di questi giorni, con un ultimo attacco, anche il
monte Asolone cade, ma viene subito riconquistato dagli italiani concludendo
così la battaglia e arrestando l’avanzata austriaca alle porte di Bassano.
Il monte Grappa divenne così “Monte Sacro agli italiani”.
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DA GENNAIO A GIUGNO 1918
Durante
il periodo invernale e primaverile dell’anno 1918, i due schieramenti si
adoperano per migliorare le linee al fronte. La galleria Vittorio Emanuele III
fu ultimata, con l’inserimento in caverna di diversi pezzi d’artiglieria. Il
generale Giardino viene nominato capo della IV armata e vengono ultimate alcune
delle carrozzabili che salgono in cima, come la strada da Semonzo. Nel
frattempo, le truppe tedesche, preoccupate del fronte francese e convinte che
sul Grappa si andrà avanti con una guerra di
trincee e logoramento, impiegano
li, anziché in Italia, le truppe dispiegate dal fronte russo. Gli austriaci scavano
numerose trincee ma vengono colpiti da una crisi economica interna che ridurrà
i vettovagliamenti e la produzione di armi e proiettili.
A
maggio del 1918 i Tedeschi danno forza di grande superiorità sul fronte
francese arrivando a 60 km da Parigi. Gli austriaci, non sentendosi da meno,
daranno il via “all’Operazione Radesky”, un piano d’attacco che punta a
sfondare l’altopiano di Asiago e il monte Grappa. Oltre a questo, prevedono di
attaccare tutto il fronte italiano che va dal passo del Tonale al mare
Adriatico, sfondando il fiume Piave, con direzione Treviso e Padova.
Gli
austriaci prevedevano per gli italiani una nuova Caporetto.
|
il fronte durante la battaglia d'arresto. |
MONTE GRAPPA: LA BATTAGLIA DEL SOLSTIZIO
La battaglia del Solstizio va dal 15 al 23 giugno 1918. La
ribattezzata “Armata del Grappa” è composta da 65mila uomini contro gli 80mila
austriaci. Il generale Conrad, generale austriaco a capo delle truppe sul
Grappa, darà il via ad attacchi temerari sulle zone più esposte del Grappa e
cioè sul monte Asolone, sul monte Pertica, monte Palon e monte Tomba. Gli
austriaci tentano di avanzare sui
Colli Alti e sul monte Asolone per poter
raggiungere la strada Cadorna e mettere in crisi il sistema difensivo italiano,
ma qui, trovano le trincee italiane rafforzate durante l’inverno. In un primo
momento, con gli attacchi austriaci, viene perso anche il Col Moschin, col del
Gallo, Col Fenilon e Fagheron, ma con l’entrata in campo degli Arditi (forze
speciali italiane addestrati per operazioni fulminee) vengono riconquistate le
vette perdute, tranne il Col Moschin, che sarà recuperato il giorno seguente.
Gli austriaci tentano anche di avvicinarsi a
cima Grappa, ma la nuova galleria
Vittorio Emanuele III rende invano ogni passaggio bloccandoli a quota 1581 mt. Dopo
gli scontri respinti nel settore orientale e a cima Grappa, gli austriaci
decidono si sospendere momentaneamente anche l’attacco sul Tomba. L’esercito
italiano, ritrovato di spirito e memore degli errori passati, spegne in un solo
giorno l’imponente operazione austriaca. Queste sconfitte abbatteranno il
morale delle truppe austroungariche che si renderanno conto che sul Grappa è
impossibile passare. Nel frattempo, anche gli attacchi sul Piave sembrano non
dare i frutti sperati. Il 23 giugno 1918 la battaglia del Solstizio si può
considerare conclusa.
MONTE GRAPPA: L’ULTIMA SPALLATA
Nel 1918, l’impero Austroungarico si dimostra logorato e
affamato dalla guerra. Al suo interno scoppiano delle rivolte causate dalle
varie etnie che lo compongono. Esse cercano l’indipendenza dall’impero centrale
e questo non può che abbattere la determinazione dei soldati al fronte,
costretti a combattere sotto un’unica bandiera anche se con lingua, usi e
culture differenti. In autunno, la situazione sembra ormai chiara. La guerra è
mutata in favore all’esercito italiano e, di fronte a questi fatti, il generale
Diaz è pronto ad approfittarne con una controffensiva. Il piano consiste nello
sfondare la linea sul Montello e puntare verso Vittorio Veneto (chiamato così
dopo la vittoria finale, prima era solo Vittorio) in modo da spezzare in due
l’esercito nemico. Per avere meno pressioni sul fronte che si è deciso rompere,
si valuta di anticipare l’attacco con un’avanzata sul monte Grappa, per
fuorviare l’avversario e concentrare lì le sue forze. È chiaro fin da subito,
che questo contrattacco sul Grappa, non porterà ad una vittoria sul massiccio,
ma bensì ad un grande sacrificio di vite umane vista la superiorità numerica
del nemico, ben posizionato sulla difensiva. Ad un anno esatto da Caporetto, il
24 ottobre 1918, il General Giardino ordina un’offensiva sui monti Asolone e
Pertica che porterà a numerosissime vittime in entrambi gli schieramenti senza grandi
conquiste da parte degli italiani. Dal 25 al 29 ottobre si ripeteranno altri
attacchi sull’Asolone, sul Pertica, sui Solaroli, sul monte Valderoa e Col
dell’Orso. Il 27 ottobre, nel frattempo, inizia l’avanzata sul Piave e il piano
iniziale sembra funzionare. Il 29 ottobre le truppe italiane entrano a
Conegliano mentre il 30 arrivano a Vittorio Veneto. Sempre il 30 ottobre, dopo
la caduta del fronte sul Piave, sul monte Grappa gli austriaci tentano una
veloce ritirata per evitare di essere accerchiati. Le truppe italiane ora si
possono spingere liberamente verso nord, arrivando a Feltre il 31 ottobre. I primi
giorni di novembre, tutto il Grappa è sgombro e di nuovo italiano. Il 3
novembre 1918, ad Abano Terme, viene firmato l’armistizio con gli austriaci.
Udine, Trento e Trieste sono dentro al confine italiano. Se in questi giorni
tutte le città italiane sono addobbate a festa per la guerra finita, sul monte
Grappa, come sugli altipiani e su altri fronti, la situazione si presenta a dir
poco drammatica. Lo scenario si presenta con innumerevoli corpi senza vita, di
cui la maggior sarà ignota l’identità, buchi di bombe e trincee disseminate in
ogni dove, che tutt’oggi testimoniano i fatti accaduti durante quei due anni
tragici che ha vissuto questo monte. Per rendere l’idea dell’atrocità di questa
guerra, nel
sacrario militare di cima Grappa, inaugurato nel 1935, sono
presenti i resti di 12600 caduti italiani (di cui solo 2283 identificati) e
10200 caduti austro-ungarici (di cui solo 296 identificati).
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L'Austria Ungheria nelle condizioni in cui si trovava all'epoca non avrebbe voluto la guerra, ma l'assassinio dell'erede al trono non poteva non essere vendicato
RispondiEliminaLa Serbia pero' era amica della Russia, e l'Austria chiese aiuto alla Germania. L'Inghilterra sarebbe rimasta neutrale purche' non si invadesse il Belgio ma i tedeschi da 30 anni studiavano un attacco a Parigi che prevedeva di attraversare il Belgio, e il governo non riusci' a convincere i militari. L'Italia forse avrebbe potuto ottenere Trento e Trieste in cambio della neutralita', quasi ci riusci'; poi pero' bisogna vedere cosa avrebbero detto gli Americani a fine guerra.
Si da' un eccessivo risalto alla battaglia degli Altopiani, l'unico momento in cui l'Austria attacco' nei primi due anni e mezzo di guerra. Bisognerebbe appunto ricordare che da parte degli italiani si tratto' di una guerra di aggressione, per l'Austria la guerra non comincio' nel 1915 e al 24 maggio 1915 aveva gia' perso un milione di uomini, era impegnata su due fronti e l'Italia gliene apri' un terzo. L'Italia era quindi molto piu' forte ed ovviamente attacca ma per due anni e mezzo non avanza, al punto che le battaglie sull'Isonzo non hanno un nome perche' sono combattute praticamente sullo stesso posto. Ma con l'undicesima, sull'Altopiano della Baisizza, l'Italia avanza di ben 7-8 chilometri e si avvicina a Trieste , che e' il vero porto dell'Austria Ungheria (anche se non l'unico) e si sa (vedi guerra in Crimea) la conquista di un porto puo' far vincere una guerra. Quindi l'Austria chiede aiuto alla Germania e bastano sei sue divisioni a polverizzare l'esercito italiano a Caporetto, e ad avanzare di 150 chilometri in un colpo solo quando l'Italia in due anni e mezzo era avanzata di qualche chilometro. La guerra poteva essere finita, ma il nemico fu costretto a fermarsi sulla Piave poiche' esausto, ed erano rimasti indietro viveri, magazzini, materiale bellico, nuove comunicazioni e tutto quello che sarebbe servito a procedere. Perche' l'Italia alla fine vinse: ai Tedeschi interessava il fronte Francese e alla fine del 1917 non era rimasto un solo soldato tedesco in Italia. L'Italia dopo Caporetto fu affiancata da una dozzina di divisioni di soldati Inglesi e Francesi, il grosso dell'esercito era composto da Italiani ma questi alleati erano truppe di qualita' superiore, basti pensare che sul fronte francese seppero tener testa ai Tedeschi mentre i tedeschi sbaragliarono con facilita' gli Italiani a Caporetto. Cadorna per ordine degli Inglesi fu deposto (gli italiani avrebbero voluto tenerlo) e Diaz era un po' piu' umano, e anche con l'avvento della propaganda gli Italiani si sentirono piu' motivati. Poi gli Italiani combattevano in casa, non erano piu' invasori ma si difendevano; inoltre col tempo si impara a combattere e la sconfitta di Caporetto insegno' molte cose
C'era l'incubo degli Americani: gia' a Caporetto gli Italiani avevano alle spalle immensi depositi di viveri vestiario ed ogni genere di bene, fornito dagli Americani, che i nostri burocrati lesinarono ai soldati al fronte e dopo la rotta di Caporetto furono distrutti affinche' non cadessero in mano al nemico. Gli Americani erano una grande potenza economica e militare, e nel 1918 c'era la prospettiva che mandassero un ingente numero di truppe. Per questo i Tedeschi forzarono i tempi sul fronte Francese mentre sulla Piave c'era una condizione di stallo che conveniva sia ad Italiani ed alleati che ad Austroungarici. Questi ultimi si trovarono costretti ad attaccare e persero; la Battaglia del Solstizio fu una vittoria netta, indiscutibile per gli Italiani ed alleati; fu qui che l'Italia vinse la guerra.
RispondiEliminaPrima del 4 novembre l'Austria aveva perso tre stati al proprio interno (uno dei quali le dichiaro' guerra) ed era rimasta senza flotta navale. La citta' di Vittorio Veneto non fu particolarmente coinvolta nella controffensiva risolutoria, ma al contrario fu meta di profugato
In occasione della rivoluzione bolscevica di fine 1917 furono aperti i cassetti e fu pubblicizzato il contenuto del patto segreto di Londra e cio' creo' notevole imbarazzo sotto il profilo diplomatico. Gli Americani dissero io non ne so niente e quel trattato e' carta straccia. Cio' impedi' l'espansione del Regno verso i Balcani impedendo agli Italiani di impossessarsi delle ex regioni austriache, e questo creo' il mito della vittoria mutilata. Una guerra vinta ma con gli effetti di una guerra persa: mentre negli altri stati vittoriosi si affermo' una pur lenta ripresa, che gradualmente sfocio' in democrazia, stabilita' benessere, da noi fu uno sfacelo economico e sociale; la pomposa retorica della vittoria creo' il mito della vittoria mutilata e si comincio' a sentire odore di manganello